Qual’è il movente del mandante che sta dietro il tentato assassinio e il riuscito, almeno inizialmente, atto antropofago del Lupo ai danni della nonnina? Perché insomma Cappuccetto Rosso voleva morta la sua nonnina e ha permesso che il Lupo la uccidesse?
Quasi tutti conosciamo la favola di Cappuccetto Rosso e sappiamo che non è una favola per stomaci deboli, non è una favola per adulti: ci vuole lo stomaco d’acciaio di un bambino per poterla digerire.
Ma di cosa davvero parla Cappuccetto Rosso?
Le favole non si limitano a dare un insegnamento morale ma esprimono qualcosa che racconta della natura conflittuale, ad esempio desiderante e spaventata, dell’essere umano. Non si spiegherebbe altrimenti perché generazioni di genitori raccontino storie così francamente inquietanti quali quelle che generalmente caratterizzano le favole.
Secondo una certa tradizione interpretativa questa favola in particolare esprimerebbe i pericoli derivati dall’accedere all’adolescenza, cioè ad una maturità sessuale ma senza una corrispettiva piena maturità psicologica (c’è chi vede nel rosso del cappuccio un riferimento alle prime mestruazioni). Ovvero metterebbe in guardia dai pericoli derivati dal farsi guidare dal solo principio di piacere. Tali pericoli sono simbolicamente espressi nelle nefaste conseguenze scaturite dall’aver deviato dal sentiero consigliato dalla madre a Cappuccetto Rosso: il Lupo inghiotte la Nonna e poi la stessa Cappuccetto Rosso.
La piccola infatti nel lasciarsi tentare dalle seduttive suggestioni del Lupo, che la convince a ritardare l’arrivo a casa della nonna per addentrarsi nel bosco, tradisce anche un’ambivalenza nei confronti dell’animale: ne è insieme attratta e spaventata. La favola vorrebbe mettere in guardia suggerendo che seguire senza compromesso la ricerca del proprio fiorente desiderio esporrebbe al possibile destino di essere predata da un maschile famelico.
Il maschile nella favola viene scisso in una incarnazione cattiva ed una buona ovvero nel lupo e nel cacciatore, nel mostro e in una versione ruvida e barbuta del principe azzurro. Il cacciatore è il maschile protettivo e paterno ma anche, insieme alla madre, il rappresentante della morale sociale.
L’ambivalenza riguarda però anche il materno: la mamma e la nonnina sono amate, eppure basta un lupo a far cedere Cappuccetto Rosso alla seduzione di deviare dal sentiero materno per godere delle bellezze del bosco. Di più: Cappuccetto Rosso è al di là dell’ingenuità quando sembra far di tutto perché il Lupo arrivi alla nonnina, quasi che per diventare donna dovesse uccidere i modelli di femminilità che hanno fino a quel momento guidato la sua evoluzione di bambina.
Cappuccetto Rosso sembra essere cieca. Anzi i suoi sensi tutti sono apparentemente offuscati di fronte al Lupo che, come consapevole dell’ambiguità nelle intenzioni di Cappuccetto, sembra persino volerne solleticare/allarmare i sensi, un senso alla volta: “per guardarti meglio”, “per ascoltarti meglio”, eccetera. Ma Cappuccetto pare proprio voler fare la tonta persino di fronte all’improbabile travestimento del Lupo da vecchietta che oltretutto, ma forse non a caso, aspetta e invita Cappuccetto Rosso nel letto.
La nonna e la nipote, per tutta la storia indifese e ingenue fino alla stupidità, sul finire della favola diventano improvvisamente astute riempiendo lo stomaco del Lupo di pietre e quindi finiscono con l’essere delle ammazza-lupi. Non a caso un’altra linea interpretativa vede in questa favola l’espressione del conflitto tra patriarcato e matriarcato, tra il maschile e il femminile, della reciproca invidia, della vittoria maschile da cui scaturisce il femminile desiderio di vendetta che nella favola condanna il maschio, ovvero il lupo, ad essere schernito, costretto ad una gravidanza di pietre con cui le due donne gli riempiono la pancia per sottolineare la sua impossibilità a generare.
Il sentiero che nella favola percorre Cappuccetto Rosso unisce sua madre alla madre di quest’ultima, una generazione di donna alla successiva e, virtualmente, se Cappuccetto non deviasse mai dal tracciato, a quella dopo ancora. Non ci sono incroci né bivi possibili. Sa tanto di femminilità predestinata.
Quello che però la favola non racconta è che per diventare donna ogni Cappuccetto Rosso deve a un certo punto deviare da quella via nonostante i rischi nel tracciare un sentiero del tutto nuovo, una strada che conduca alla donna che si sarà e al proprio originale modo di appropriarsi della propria femminilità. Ma di tutto ciò nella favola di Cappuccetto Rosso c’è scarsa traccia, se non nella sua ambivalenza verso la nonna/madre e nella ambitendenza sia per il sentiero che per il bosco. E’ però un significato che si può ricavare quasi solo per sottrazione. La sostanza della favola è soprattutto che l’incarnazione del braccio “conformisticamente armato” della società, o del proprio Superio (i sensi di colpa e la parte anche normativa dell’identificarsi con la madre), braccio armato rozzamente interpretato dal cacciatore, non permette che la nonnina soccomba. Anzi per un certo lasso di tempo le due donne condividono lo stesso grembo, patiscono lo stesso travaglio. La sostanza è che alla fine Cappuccetto Rosso e la Nonna si alleano, e nell’una sembra di poter già cogliere il riflesso futuro dell’altra. Oppure...
E’ però anche vero che l’animale aveva inghiottito una nonna e una nipote apparentemente inermi e ingenue ma ha finito col partorire una sorellanza di astute carnefici di bestie, quasi tutt'altro tipo di passaggio di testimone generazionale.
In un certo senso Cappuccetto Rosso forse ha davvero ucciso la sua nonna/mamma. A partire da ciò Cappuccetto potrebbe aver acquisito il potere di diventare, non semplicemente la replica dell’oggetto materno, ma se stessa e quindi anche una donna a fianco di un’altra donna?
Forse alla fine di questa indagine si potrebbe dire che abbiamo il colpevole ma non c’è delitto.
Sappiamo che le favole si trasformano col passare del tempo. Oltre a ciò aggiungerei che non conosciamo le favole oltre la favole, oltre il perbenista “E vissero tutti felici e contenti” non sappiamo cosa sia davvero accaduto o cosa davvero potrebbe accadere. “Cappuccetto Rosso” è soprattutto una storia di pressione conformistica, ma un giorno finirà col trasformarsi in una metafora anche di emancipazione o, cosa ben più difficile, addirittura d’individuazione? Tutto sommato la nonnina ha preferito vivere da sola nel bosco ed aveva come amico un giovane grezzo cacciatore: nulla vieta di fantasticare che ella possa essere l’indipendente strega di qualche altra favola passata o futura. Insomma, come si suol dire: questa è un’altra storia.
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